Salvare la pastorizia per salvare l’identità del popolo sardo
Il mondo agropastorale sardo, l’intera filiera del latte ovino, gli sconfinati territori presidiati dagli allevatori sono inesorabilmente a rischio. A rischio come mai lo sono stati sino ad oggi. Con loro è un pezzo di cultura identitaria – che è parte di ognuno di noi sardi – a vacillare, a rischiare di essere spazzata via dagli eventi. Deve essersene accorto qualcuno in Regione, e forse più di uno, se è vero – com’è vero – che una misura per scongiurare questa prospettiva è stata presa. Una misura con un nome un po’ tecnico – Organismo Interprofessionale – che già dalla sua impostazione preliminare (una bozza che sta circolando tra addetti ai lavori) si presenta per essere, e lo sarà se saremo tutti uniti, l’Uovo di Colombo.
Per salvare il sistema caseario ed eventualmente più di qualche azienda in crisi, la Regione Sardegna sta raccogliendo ingenti risorse umane per con lo scopo di creare un Organismo Interprofessionale che finalmente, e una volta per tutte, metta la parola fine alla crisi ciclica che puntualmente si abbatte sul settore. Il sistema caseario sardo è da un po’ di tempo l’oggetto privilegiato della speculazione al ribasso. È gravato da circa 130.000 quintali di Pecorino Romano in esubero ma anche, e forse soprattutto, dalla stupida politica di egemonia che l’industria di trasformazione ci ha imposto.
La mancanza di strumenti per il controllo delle produzioni e la cattiva (o anche spesso furbesca) gestione di alcuni caseifici Regionali, purtroppo colpiscono tutta la filiera della pecora Sarda. Le aziende zootecniche sono soprattutto penalizzate da politiche commerciali squilibrate, disattente e sprecone, che si rivelano punitive anche nei confronti delle industrie di trasformazione stesse, le quali hanno lavorato quantità di latte al di sopra delle aspettative. Un esubero di latte e di Pecorino Romano che ha innescato una situazione finanziaria talmente a rischio da incidere fortemente sulla liquidità aziendale con un disequilibrio tra flussi monetari in entrata e in uscita.
Oggi, per salvare le aziende, la Regione Sardegna è dovuta scendere in campo utilizzando questo nuovo strumento “stabilizzatore” perché le nuove regole Ue sugli aiuti di Stato impediscono il sostegno pubblico al comparto. Questa, nell’immediato in Sardegna, è l’unica possibile soluzione per risolvere la crisi del prezzo del latte. Tutto sta nel far convergere in un unico tavolo i vari attori coinvolti: dalle cooperative, singole o associate, alle organizzazioni dei produttori, alle industrie di trasformazione private, alle organizzazioni sindacali, alle organizzazioni che rappresentano la distribuzione e il commercio. Possono farne parte anche i consorzi di tutela delle DOP, un comitato tecnico scientifico, le organizzazioni dei consumatori.
L’Organismo Interprofessionale potrà definire norme, anche contrattuali, in grado di assicurare accordi trasparenti ed efficienti a tutto il comparto, con l’obiettivo di consentire corrette condizioni di vendita e rispetto tra conferitori e trasformatori. L’Organismo Interprofessionale si può definire come uno strumento di autodeterminazione per tutta la filiera produttiva, un mezzo innovativo che si costituisce con lo scopo di migliorare la conoscenza e la trasparenza della produzione e del mercato. Ha lo scopo di contribuire ad un efficace coordinamento dell’immissione sul mercato dei prodotti, in particolare attraverso ricerche e studi di mercato e di comunicazione, accrescendone la valorizzazione, nell’ottica di un’equa ripartizione del valore tra tutti i soggetti della filiera.
Per perseguire tali obiettivi le organizzazioni interprofessionali possono sviluppare norme comuni di produzione, modelli di contratti-tipo da utilizzare tra i soci, organizzare banche dati per programmare le produzioni e razionalizzare i flussi quantitativo-produttivi, fare azioni di promozione collettiva dello specifico prodotto, sviluppare servizi comuni di ricerca alle componenti associate finalizzati al miglioramento qualitativo dei prodotti o alla sostenibilità ambientale e sociale.
Senza razionalizzare tutta la filiera diventa impossibile mutare il cattivo andamento delle aziende in crisi e ridare credito e ossigeno a migliaia di piccole e medie imprese. L’organismo interprofessionale garantito dalla Regione potrebbe finalmente fare uscire il settore lattiero-caseario dalla crisi. Inoltre le nuove risorse umane permetterebbero di attuare politiche agricole e industriali di grande valenza per tutto il territorio regionale, mettendo in stretta relazione la pianura (dove si può sviluppare l’agricoltura per produrre scorte alimentari) e le zone marginali a vocazione pascoliva, oggi purtroppo soggetto di spopolamento e di forte degrado sociale. Spero che questo progetto non venga ostacolato dal nostro solito “individualismo a convenienza” ma – una vola tanto – che si lavori tutti insieme per il bene comune.
Un caro saluto,
Pier Angelo.
Tula, 5 luglio 2016