“Iscala Murada”: un miracolo della natura
“Da domani mandiamo le pecore a Iscala Murada, così facciamo la provvista del formaggio per casa”.
Tutti gli inverni, tra dicembre e marzo, era consuetudine di mio babbo portare le pecore in quel pascolo. Quando iniziai a crescere e a pormi i miei quesiti gli chiesi “perché mandi le pecore lì, se ogni volta calano di latte? E poi è lontano, è un posto impervio”. Babbo mi rispose semplicemente: “Perché lì ci fai il formaggio più buono”.
Iscala Murada è un appezzamento dell’azienda separato dalla strada statale, una zona boschiva, esposta a sud, che viene riservata al pascolo dalla fine dell’autunno all’inizio della primavera.
È un posto impervio, dove i trattori non passano mai ed è per certi versi meno gratificante, ma più generoso di altri. Immerso in una zona montuosa dove la natura offre bellissimi spettacoli multicolori, tra rocce ricoperte di muschio rosso e verde e sentieri creati dal continuo muoversi del gregge al pascolo. Innumerevoli varietà di piante – di olivastro, lentischio, sughero, querce e altre ancora – la fanno da padrone: una vegetazione composta in prevalenza da sempreverdi, una biodiversità inalterata da millenni.
Questo è un ambiente vivo ed estremamente ricco di biodiversità. L’elevato numero di specie floreali presenti è l’indicatore più immediato che si possa avere: ci troviamo in un’oasi di estrema ricchezza biologica, e qui sembra davvero che il tempo si sia fermato, per quanto tutto è rimasto intatto, selvatico.
E così, devo dire che ero già grande quando capii i perché di mio babbo che portava le pecore a brucare in questo paradiso: qui trovavano gli ingredienti per una dieta equilibrata e straordinaria, fatta di tante piante diverse, di tanti colori e profumi differenti.
Ma a “Iscala Murada” c’è qualcosa ancora, c’è qualcosa in più, proprio tra dicembre e marzo, quando le pecore danno il latte per la provvista. Qualcosa che qui abbonda come in nessun altro posto che io conosca: le bacche, i semi oleosi che in quel periodo cadono maturi dagli alberi.
E allora, ed è bellissimo osservarle, le vedi correre le pecore, da una pianta all’altra per accaparrarsi ognuna la sua dose quotidiana di nutrimento. Oltre ad essere molto appetibili, queste squisitezze conferiscono al latte una piacevole complessità, tra l’odore di erba appena tagliata e il sapore di olio d’oliva. Ma l’importanza dei semi oleosi nella dieta delle pecore è anche un’altra, ed è la presenza di omega-9, o acido oleico.
Le proprietà dell’acido grasso omega 9 sono davvero importanti perché riducono il livello di colesterolo pericoloso del sangue. Questo acido grasso, poco conosciuto ma molto importante per la nostra salute, insieme all’omega-3 e al CLA sono i tre moschettieri in difesa del nostro organismo.
E se questo, oltre a descriverlo, si può anche dimostrare con analisi certificate, è ancora meglio, no? E allora eccoli, un po’ di risultati: qui abbiamo il 24.58% di acido oleico sulla somma totale degli acidi grassi. E l’1,38% di acido linoleicio coniugato – CLA – e un rapporto tra omega-6 e omega-3 attorno a 2!
Questa analisi dimostra qual è la forza del pecorino “Iscala Murada“. Un formaggio sensazionale, sano, “giusto”, fatto con latte crudo e con grande attenzione all’igiene. Sulla tecnica di lavorazione non c’è molto da dire, anche perché non si discosta molto dagli altri formaggi che facciamo: coagulazione presamica e lavorazione all’antica secondo la tradizione, la cagliata ha una maturazione lenta e l’acidificazione è coadiuvata con siero innesto autoctono.
La forma a canestro con ampie fessure permette uno spurgo accelerato, si presta alla lunga stagionatura che può prolungarsi oltre i due anni.
La mano del casaro avrà pure i suoi meriti, ma il grosso merito ce l’ha questo sito magico,”Iscala Murada”, che grazie alle sue risorse naturali ha determinato la buona riuscita di questo formaggio.
Un ultima cosa mi preme sottolineare: se “Iscala Murada” è stato eletto miglior formaggio semistagionato d’Italia (al recente Italian Cheese Award, leggi qui) non è un caso. Se la Sardegna è la terra dei centenari, beh, non è un caso neanche questo. Ebbene cari aspiranti centenari: a buon intenditor, poche parole!
Un caro saluto,
Pier Angelo
Tula, 17 maggio 2016