Gli amici invisibili del formaggio
Oggi vi voglio parlare delle nostre produzioni casearie tradizionali, in un contesto come il nostro di ricerca della tipicità e di salvaguardia della trasformazione artigianale.
La nostra tecnologia non prevede infatti di ricorrere né alla pastorizzazione del latte né al trattamento termico di partenza. In questo post cercherò di dare alcune informazioni utili per cercare di capire come ridurre il rischio igienico derivante dall’uso appunto di latte non trattato termicamente.
L’igiene nella mungitura in primis e le specificità delle pratiche usate in ognuna delle singole fasi di trasformazione, richiedono di porre la massima attenzione su alcuni passaggi fondamentali del processo lavorativo che vanno dalla fase di “preparazione del latte” nel caseificio: dal ricevimento al travaso in caldaia, alla fase di lavorazione in caldaia, a quelle fatte fuori caldaia.
In questo post cercheremo di approfondire la prima fase, dedicata alla “preparazione del latte destinato alla caseificazione”.
La biodiversità
Ogni latte, ogni caseificio ha al suo interno una flora microbica diversa, unica, un patrimonio batterico che non si ha da nessun’altra parte. È compito del casaro preservare tale carica batterica affinché il suo formaggio si contraddistingua da qualsiasi altro. Per questo motivo i formaggi artigianali non sono mai uguali da un produttore all’altro.
La mungitura
Nelle fasi di mungitura deve essere mantenuto un adeguato livello di igiene personale, e, sia nella sala mungitura che nell’ impianto e nella refrigerazione si deve prestare la massima attenzione al l’igiene. È anche necessario che l’allevatore applichi una particolare attenzione allo stato sanitario degli animali.
Il nostro latte
Il latte viene conferito giornalmente al minicaseificio aziendale dove viene sottoposto a controlli preliminari riguardanti l’acidità, la temperatura e la presenza di sostanze inibenti e quindi valutarne l’idoneità alla trasformazione.
Il latte viene analizzato due volte al mese per la determinazione dei parametri di qualità (grassi, proteine, carica batterica totale, cellule somatiche, inibenti e indice crioscopico).
Ulteriori controlli vengono effettuati almeno una volta l’anno sul formaggio per rilevare la presenza di aflatossina M1.
Un aspetto molto importante è il tempo di sosta del latte crudo che intercorre tra mungitura e trasformazione in formaggio e influenza le sue caratteristiche microbiologiche in funzione della carica microbica di partenza e delle condizioni di temperatura di conservazione del latte. Per questo una cosa molto importante è che il casaro conosca le fasi della mungitura e della refrigerazione, in modo tale che faccia suo quel latte.
Il rapporto tra casaro e il suo latte crudo deve essere molto intimo; si instaura un connubio perfetto dove non devono esserci errori di nessun genere, è vietato sbagliare, gli errori si pagano cari, e più avanti vedremo anche il perché.
La valutazione di questo aspetto tuttavia va fatta considerando una serie di elementi: per ottenere un formaggio a latte crudo con caratteristiche idonee è necessario che si abbia una fermentazione lattica in tempi accettabili e proprio per questo motivo si devono creare le condizioni affinché dentro il caseificio sia presente una quantità rilevante di microflora casearia.
La microflora autoctona
Una microflora casearia che d’ora in poi definiremo autoctona, dato che in nessun altro caseificio se ne troverà una uguale. La micro flora autoctona è costituita da un’ampia varietà di microrganismi: batteri, lieviti, muffe, ognuno con una funzione specifica, ed è proprio con loro che il casaro andrà ad interagire conferendo un gusto e un aroma inconfondibili al proprio formaggio. Fungendo da regolatore delle quantità di batteri, in più o in meno, il casaro, aiutandosi spesso con colture di batteri ottenute da “sieroinnesto autoctono” riesce a rendere il suo formaggio eterogeneo, specifico e inconfondibile. Il formaggio deve essere sicuro, deve rispettare i principi e le norme stabilite dai Regolamenti Europei in materia di sicurezza alimentare.
La ridotta carica microbica del latte appena munto è un fattore generalmente positivo, che tuttavia, nel caso particolare dei formaggi a latte crudo, lavorato caldo (senza sieroinnesto), può rallentare la velocità della fermentazione lattica lasciando spazio a fermentazioni indesiderate.( es gonfiore precoce).
Spesso si commettono errori, quando nella trasformazione del latte il casaro cerchi di attuare una sorta di maturazione, conservando il latte magari ad una temperatura superiore a +15*C per parecchie ore; questa può risultare una pratica dannosa se non addirittura pericolosa!
Abbiamo osservato infatti che la conservazione del latte tra +10°C e +15°C non può essere valutata solo in termini di maturazione, ma purtroppo anche in termini di rischio associabile alla crescita di flora dannosa per la salute o anticasearia, come ad esempio: eschirichia-coli, stafilococchi, coagulasi positivi, listeria, salmonella. Questi sono batteri patogeni che trovano spazio là dove sia insufficiente la microflora batterica casearia.
E non finisce qui…
Le regole igieniche e la nostra buona pratica casearia dicono che il latte andrebbe velocemente raffreddato a temperatura inferiore a +8*C fino al momento della sua trasformazione, e inoculato con siero innesto autoctono. Dopo questa fase si può attuare la maturazione in caldaia.
Questo è solo un assaggio dell’argomento, cari amici; prossimamente approfondiremo sui batteri, e su questo mondo fantastico fatto di milioni di eserciti di piccoli soldatini che lottano tra di loro per appropriarsi ognuno dei meriti della bontà del formaggio.
Un caro saluto
Pier Angelo
Tula, 6 novembre 2016