Eppure sembravano tutte uguali
Numerose sono le razze esistenti in Italia, si può quasi dire che ogni regione ne ha una propria, e in alcuni casi più di una. Oggi prendiamo in considerazione le caratteristiche più salienti che distinguono una razza da un’altra e/o una pecora da un’altra. Al di là dell’attitudine, che può essere per il latte, la carne o la lana.
Partiamo da una base fondamentale: il colpo d’occhio del pastore, che deve riconoscere la pecora in un attimo osservando i caratteri esterni che la distinguono. Iniziamo dalla taglia, che può essere media (come la Sarda, la Massese o la Comisana) o grossa, come la Bergamasca.
Il profilo: può essere rettilineo o montonino, cioè una pecora può avere i lineamenti del maschio o viceversa. La testa: talvolta fine, leggera, allungata, o grossa, ben sviluppata, o con profilo camuso. Le orecchie possono essere lunghe e pendenti, dritte, corte, medie, o orizzontali, a volte è presente un ciuffo di lana in fronte, riccio, liscio o allungato. Gli occhi e le palpebre possono essere più o meno pronunciati, così come le narici o la bocca. Molto frequenti sono le macchie: nere, marroni o rossicce, presenti in vari punti della testa e nel resto del corpo compresi gli zoccoli. Le corna poi possono essere leggere o esili, seghettate o lisce, a spirale aperta o chiusa.
Una pecora si può riconoscere anche dalla forma del tronco, che a sua volta si divide in: base del cranio, collo, dorso, torace, groppa, lombi, addome, garrese e coda. In ognuna di queste regioni del corpo si riscontrano diversità enormi, sia in razze differenti che in pecore della stessa razza.
Faccio alcuni esempi: un tronco può essere lungo, oppure largo, mediamente largo o stretto, un torace può essere piatto, alto o profondo, privo di lana o lanoso, un garrese può avere l’altezza inferiore alla groppa, o può essere più alto e tagliente, un addome può essere capiente, arrotondato, voluminoso, oppure stretto ed esile, anche la coda è quasi sempre diversa da una pecora all’altra.
E che dire della mammella, organo meraviglioso che cattura il primo sguardo del pastore, quando è sferica, larga, morbida e con i capezzoli ben diretti, che dispensano piacere durante la mungitura.
Altri dati riconoscibili sono: il vello (mantello), il quale varia dal bianco al marrone, al nero, al rossiccio o a chiazze, ad esempio la Comisana, detta anche “testa rossa” appunto ha la testa di colore rosso. Molto frequenti sono gli incroci di questa razza con la pecora Sarda.
Altri caratteri esterni sono il peso e l’altezza, che un bravo pastore attribuisce all’animale a occhio, senza doverlo prendere in braccio o pesare.
Questa breve panoramica sui tratti somatici vi può far capire quanto un pastore deve saper osservare, e memorizzare tutte le informazioni necessarie per la identificazione delle sue pecore.
Tali strumenti di conoscenza “empirici” non sono in vendita al supermercato e non si studiano neanche sui banchi di scuola, ma sono linee-guida tramandate nei secoli, da padre in figlio, che spesso consentono – attraverso un’infinità di combinazioni morfologiche – di riconoscere le proprie pecore da quelle del vicino, o nello stesso gregge, ad esempio colei che essendo figlia di una buona lattifera, sarà designata ad essere la mamma del maschio riproduttore.
Cogliendo questi segni indicativi e molto altro ancora ci si rende anche conto dello stato di benessere o di un cattivo stato di salute di ogni singola pecora. Tutto ciò tradotto in parole semplici, cari amici, si chiama “Spirito di osservazione”, ed è la dote innata che un bravo pastore deve avere in assoluto.
Un caro saluto,
Pier Angelo
Tula, 20 giugno 2015